“Danza o muori”

Patrizia

Danza o muori, Ahamad Joudeh se lo è fatto tatuare sulla nuca ed è il titolo della sua coinvolgente autobiografia, 250 pagine che si leggono d’un fiato perché la sua è una storia che tocca il cuore, soprattutto quello di chi ama la danza e intuisce o ha sperimentato cosa significhi non poter vivere senza.Ha vissuto la sua infanzia nell’Al Yarmouk Camp, un quartiere di 2,11 chilometri quadrati della periferia di Damasco, in Siria, e racconta di sé: “ Sono nato circondato dall’amore, ma poi mi sono ritrovato immerso nel buio. Finché non ho ritrovato la luce dentro di me: la danza”.

Ahamad è riuscito a sopravvivere a condizioni disumane e coltivare il suo talento innato giacché, come ben scrive Roberto Bolle, – l’arte ha davvero il potere di elevare l’animo e aiutarci a ritrovare la nostra dimensione più pura e luminosa, la parte migliore di noi stessi (…) -.

 

La storia di Ahmad è intessuta con i fili del sacrificio, dell’impegno, della dedizione, dell’amore, del dolore, della felicità e dell’inflessibile determinazione. E’ una narrazione  intensa, appassionante e anche importante perché indica con chiarezza a tutti noi che nulla possono le avversità, persino quelle tremende, al cospetto di una visione chiara e luminosa.

Il sogno osteggiato e impossibile di Ahmad Joudeh, classe 1990, naturalizzato olandese nel 2016, è realtà: balla in modo sublime ed è coreografo in Europa e in tutto il mondo.

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